Antonio Misiani Il ddl rispetti le linee guida su trasparenza e democrazia interna ai partiti. Importante regolare anche il rapporto tra politica e lobby»

di SIMONE COLLINI Quello approvato ieri dal Consiglio dei ministri è per Antonio Misiani «un progetto serio, molto lontano dalla demagogia e dalla superficialità con cui il tema del finanziamento pubblico ai partiti viene da più parti affrontato».

Il tesoriere del Pd giudica positivamente anche il fatto che il disegno di legge annunciato dal governo definirà rigorose procedure «per assicurare la trasparenza e la democrazia interna di partiti e movimenti politici, un punto che per noi è centrale nella riforma della politica». Il governo ha approvato delle linee guida, ma quale può essere una loro definizione concreta, onorevole Misiani?

«Si dovrà superare il sistema attuale del finanziamento valorizzando e incentivando fiscalmente la libera scelta dei cittadini di sostenere i partiti e i movimenti politici. Ci sarà un confronto in Parlamento e il Pd lavorerà con spirito costruttivo e propositivo per favorire un’approvazione in tempi rapidi di questa riforma molto importante».

Ma il gruppo dirigente del Pd non ha sempre sostenuto che il finanziamento pubblico deve esserci perché la politica non sia attività solo per i miliardari?
«Ma il finanziamento continuerebbe ad esserci, solo non andrebbe direttamente
ai partiti ma, attraverso sgravi fiscali, ai cittadini che decidono liberamente
di sostenere forze o movimenti politici. Lo Stato comunque non si disinteressa
del modo in cui la politica si finanzia».
Anche se la politica si finanzia con le erogazioni di privati?
«Sì, se viene rispettato un principio che noi chiediamo da tempo, quello cioè di
concentrare le incentivazioni fiscali sulle piccole erogazioni per rendere i partiti
liberi dalla necessità di rivolgersi a grandi finanziatori. Il punto è dare gli
strumenti necessari per raccogliere una grande massa di piccole donazioni.
E da questo punto di vista per noi del Pd si tratta di un ritorno alle origini salutare, perché solo un partito come noi radicato nei territori può utilizzare al meglio quegli strumenti».
Lei dice così, però questa legge sa tanto di cedimento a chi dice basta soldi ai partiti…
«Nessun cedimento, perché certe posizioni demagogiche e populiste volevano
spazzare via l’esistente. Questo progetto invece supera l’esistente, ma lo sostituisce con un modello alternativo. Lascia liberi i cittadini di fare donazioni e spinge i partiti a rinnovarsi, a tornare sui territori, ad andare tra i cittadini. Non so se è chiaro ma chiedere soldi è un modo di fare politica. Una volta che l’autofinanziamento diventa il cuore del sistema, devi saperti rinnovare, essere credibile, avere un gruppo dirigente
rispettato».
Ci sono però anche rischi a centrare tutto sull’autofinanziamento, non crede?
«No se il disegno di legge rispetterà le linee guida approvate ieri dal governo,
se cioè verrà affrontato il tema della trasparenza e della democrazia interna
ai partiti e anche la questione delle lobby, su cui io ho sollecitato un intervento
in questi giorni. Se il disegno di legge che verrà presentato avrà una sua organicità valorizzando l’autofinanziamento ma regolamentando il rapporto tra gruppi di interessi economici e politica, il giudizio non potrà che essere positivo».
Anche se creerà inevitabilmente delle difficoltà ai partiti che da un giorno all’altro,
per usare un’espressione tante volte sentita negli ultimi mesi, si vedranno chiudere i rubinetti?
«Noi auspichiamo che ci sia una gradualità nella fuoriscita dall’attuale sistema
e nell’introduzione del nuovo. Questo per permettere ai partiti di prepararsi
e organizzarsi di fronte alle nuove norme. Dopodiché, quella che stiamo discutendo è una sfida formidabile per i partiti, una rivoluzione, che non si può evitare. La politica tracolla se non dimostra di saper cambiare profondamente».
Alcuni senatori Pd renziani, che hanno depositato un progetto di legge per
l’abolizione del finanziamento, sostengono che questa è una vittoria politica di
Renzi: lei che dice?

«Che il loro progetto riprendeva la proposta di Pellegrino Capaldo, firmata da 400 mila persone e rilanciata anche dal gruppo dirigente del Pd perché considerata da tempo l’lternativa più interessante al sistema vigente di finanziamento
dei partiti».


Allegato: 2013-05-25 Intervista a L’Unità.pdf