Parla il vice ministro economico Antonio Misiani, front man della Manovra in aula. “In alcuni momenti abbiamo temuto di non farcela. Alla prova dell’aula poi però abbiano una tenuta migliore”. La proposta di Salvini “non è credibile”. Massima attenzione “a tutte quelle utili per far ripartire il Paese”. Tutti i numeri definitivi della legge di Bilancio

di Claudia Fusani
Il giorno dopo, la scrivania del viceministro Misiani è un campo di battaglia tra schede, report, analisi, tabelle piene di appunti e rimandi, qualcuno rosso e altri blu. Siamo digitali ma alla fine un vecchio appunto preso a mano aiuta di più e meglio a fissare la memoria. In questo puzzle di numeri e percentuali c’è il cuore della Manovra 2020 che lunedì ha ottenuto ben 166 voti, appena tre sotto la maggioranza ottenuta con la fiducia del 4 settembre e cinque voti sopra la maggioranza assoluta.

Viceministro Misiani, cominciamo dai numeri che sono sempre la cosa più chiara. Possiamo adesso fissarli con matematica certezza?
“Hanno tutti la bollinatura della ragioneria dello Stato (sorride). Alla fine la manovra 2020 vale circa 31 miliardi: nonostante le modifiche intercorse nel percorso parlamentare i saldi e la struttura della manovra sono rimasti invariati. E cioè abbiamo 16 miliardi di deficit aggiuntivo; 11 miliardi di maggiori entrate e 4 di minori spese”.

Le opposizioni dicono che il deficit reale è salito al 2,5%.
“Non scherziamo. Questo dato non esiste. Il deficit è al 2,2% e non andrà oltre”.

Alla fine abbiamo perso il conto sulle previsioni del Pil 2020.
“Noi prevediamo una crescita nel 2020, partendo dallo 0,2 % del 2019, pari allo 0,6 per cento. È un dato leggermente superiore allo 0,4% tendenziale: vuol dire che la manovra migliorerà la crescita del Paese. Queste previsioni sono tutte state convalidate dall’Ufficio Parlamentare di bilancio (l’organismo indipendente di verifica sui conti pubblici, ndr). Questi sono i numeri della congiuntura attuale che, come sappiamo, non è delle migliori in tutta l’eurozona. Se poi – e cogliamo qualche indizio in questo senso – ci dovesse essere un accordo nella guerra dei dazi tra Usa e Cina, è chiaro che per noi che abbiamo un export molto forte, il quadro complessivo di riferimento potrebbe migliorare. E quindi anche la nostra crescita. Vedremo. Al momento, nelle condizioni date, siamo allo 0,6% di crescita”.

Senta, ha detto undici miliardi di maggiori entrate. Possiamo precisare quali?
“Tre miliardi e qualcosa li recuperiamo dall’evasione fiscale; altri tre da maggiori entrate rispetto alle previsioni di settembre, anche grazie alla fatturazione elettronica; oltre un miliardo arriva dal settore giochi; circa 800 milioni dalla rivalutazione dei beni d’impresa; un miliardo e 600 dalle banche…”.

Dimentica la sugar tax, la plastic tax e la tassa sulle auto aziendali…
“Non dimentico. Alla fine queste tre voci produrranno tutte insieme un gettito di circa 200 milioni. Contro un miliardo e 700 milioni previsti in origine. In pratica, sono quasi azzerate rispetto alle ipotesi iniziali. Non sono state capite, probabilmente fraintese, forse i tempi erano sbagliati. Comunque va bene così”.

Quattro miliardi tagliati ai budget dei ministeri. Con quali conseguenze?
“Nessuna su Sanità, istruzione e enti locali, che anzi avranno più risorse. Siamo stati molti attenti a non tagliare nulla che potesse ricadere sulla quotidianità delle persone”.

Alla fine, la misura per gli asili nido è rimasta?
“Certo che sì. Nel 2020 le famiglie con Isee fino a 25 mila euro, cioè l’85% delle famiglie italiane, avranno un voucher pari a tremila euro per ogni bambino. Il voucher scende a 2.500 euro per le famiglie con Isee tra i 25 e i 40 mila euro. Copriamo la quasi totalità delle famiglie. Inoltre ci sono due miliardi e mezzo a disposizione per costruire nuovi nidi”.

Una cosa che irrita molto i cittadini è la mancata spen-ding review, attesa e annunciata da anni ma mai realizzata. Gira voce, ad esempio, che i “consumi intermedi” dei ministeri, cioè la spesa corrente, quella per il funzionamento, sia aumentata di quasi una decina di miliardi negli ultimi anni.
“I consumi intermedi sono sicuramente una di quelle voci da monitorare con attenzione. Comunque, dalle tabelle in nostro possesso risulta aumentata di circa un miliardo tra il 2017 e il 2018. I dati del 2019 non sono ancora ufficiali ma sembrano in linea con questo trend di aumento. Dunque non va bene. Ciò detto, noi abbiamo giurato il 4 settembre. Quando siamo arrivati nei cassetti non abbiano trovato neppure un appunto relativo alla spending review. E’ dal 2018 che non si mette la testa su come rivedere la spesa. E poiché non sono interventi che si fanno un tanto al chilo e non si può improvvisare, abbiamo deciso di rinviare ad un lavoro più completo a partire da gennaio per presentare una proposta ragionata nella legge di bilancio del prossimo anno”.

C’è una voce di cui si parla poco: i risparmi che il sistema Paese ottiene grazie alla tenuta dello spread. Sono state fatte varie stime, ci può dire quelle finali?
“Anche questa è una mancata spesa di cui non si parla. Nel 2019 abbiamo risparmiato rispetto all’anno prima 3 miliardi e trecento milioni. La previsione nel 2020 è di circa 7 miliardi di risparmio rispetto a quanto si prevedeva di spendere sei mesi fa, quasi 12 miliardi nel 2021 e di 17 miliardi e 600 milioni nel 2022. Alla fine dei tre anni saranno 36 miliardi risparmiati. E’ il dividendo della stabilità. Pe la nostra economia ha un valore altissimo”.

Insisto con i numeri, per fare chiarezza. Come funziona la storia delle clausole di salvaguardia? Che succede nel 2021 e nel 2022? E’ vero che le avete aumentate? Come del resto aveva fatto il governo giallo verde.
“Partiamo col dire che mai dal 2011 un governo si era trovato a fare i conti con aumenti IVA così grandi. Salvini e Di Maio avevano trovato clausole per 12,5 miliardi. Noi 23 miliardi (e 29 dall’anno successivo): il motivo reale della fuga d’agosto di Salvini. In poche settimane, le abbiamo azzerate per il 2020 e ridotte di 8 miliardi e 600 nel 2021 e un miliardo e 600 nel 2022. Riduciamo cioè la montagna delle clausole anche per la manovra del prossimo anno. Non era mai successo”.

Sarebbe anche l’ora, forse, di togliersi questo dente una volta per tutte e far aumentare l’Iva. Altrimenti ogni anno si parte con handicap pazzeschi.
“Tra le riforme sul tavolo c’è anche quella dell’Iva. Alcune scelte sono datate, altre francamente assurde. Va rivisto tutto il paniere dei beni e dei servizi in rapporto alle aliquote. A pressione fiscale invariata”.

Alla fine la pressione fiscale aumenta o no?
“Nel 2020 diminuirà dello 0,1 per cento. Passa dal 42 del 2019 al 41,9 del 2020.. Non lo dico io ma la Corte dei Conti. Non è una manovra di tasse ma esattamente il contrario. La riduzione è ancora più significativa tenendo conto che una parte importante delle maggiori entrate nel 2020 deriverà non da aumenti di tasse ma dal recupero di evasione fiscale”.

Eppure, viceministro, in ogni talk show è sempre un parlare di tasse che aumentano con cittadini infuriati, commercianti e artigiani che chiudono. Come è possibile?
“Siamo stati poco furbi e anche presi alla sprovvista dal fuoco incrociato delle polemiche. Ha pesato molto una discussione infinita su misure fiscali tutto sommato marginali che però hanno occupato la scena, oscurando i tanti aspetti positivi della manovra. Anche il non aumento dell’Iva non è stato percepito come risparmio perché in realtà è un mancato aumento di tasse. Insomma, psicologicamente è più difficile da spiegare.. Comunque, la verità è che l’85% dei 31 miliardi della manovra vengono impiegati per tagliare tasse: Iva, cuneo fiscale, bonus vari, superticket sanitario, asili nido, Industria 4.0. È un dato incontrovertibile”.

Tra manovra e decreto fiscale, approvato definitivamente stasera al Senato, che fine ha fatto la lotta all’evasione che sembrava dovesse essere “l’anima” della manovra 2020?
“Non so se è l’anima, però ci sono misure molto importanti sia per recuperare l’evasione che per premiare chi usa la moneta elettronica: tre miliardi di incentivi nel 2021 per i pagamenti effettuati nel 2020 e lo stesso l’anno successivo. Significa che ad ognuno di noi, se useremo molto la moneta digitale, saranno restituiti fino a duemila euro l’anno con il metodo del cashback. A me pare più di un’anima, mi pare una rivoluzione”.

Quanto recuperiamo ogni anno di evasione fiscale? Quanti soldi tornano nelle casse dello stato?
“Sono stati 14,2 miliardi nel 2014, 14,9 nel 2015, 19 nel 2016, 20,1 miliardi nel 2017 e 19,2 miliardi nel 2018. Una crescita quasi ininterrotta. Siamo molto lontani dai 109 miliardi di evasione stimati ma stiamo migliorando”.

Per le crescita e le aziende, cosa c’è in realtà?
“Ci sono 59 miliardi di investimenti pubblici nei prossimi 15 anni, il pacchetto di incentivi per gli investimenti delle aziende (Impresa 4.0), il taglio delle tariffe dell’Inail, l’anticipo della totale deducibilità dell’Imu dei capannoni, tutti i bonus edilizi – sisma, eco, facciate, ristrutturazioni – e poi il rifinanziamento della nuova Sabatini e la proroga del credito di imposta per gli investimenti al sud. Sono tante misure che messe insieme agevolano molto chi fa impresa”.

Lei è soddisfatto?
“Alla fine Sì. Abbiamo dimostrato che la manovra del governo europeista è più espansiva di quella del governo sovranista, che l’anno scorso era passato in poche settimane dalla festa dal balcone di Chigi alla ritirata ingloriosa da Bruxelles. Sono sempre più convinto che Salvini in agosto sia fuggito per non dover fare questa legge di bilancio. Era tutto bloccato, non avevano minimamente idea di come fare a disinnescare le clausole dell’Iva. Noi ci siamo messi a lavorare e con grande fatica abbiamo trovato i soldi per evitare la stangata IVA, per tagliare le tasse ai lavoratori, per gli investimenti pubblici e privati. Tutto questo negoziando a schiena dritta con la Ue, evitando il muro contro muro, ritrovando la centralità che l’Italia merita in Europa”.

Ha mai creduto di non farcela?
“Manca ancora il passaggio della Camera ma mi sento di poter dire che il più e il peggio sono passati. Sì, più di una volta ho temuto di non farcela. E’ una maggioranza di forze eterogenee che hanno litigato senza sconti fino al giorno prima di ritrovarsi insieme a governare. Ma soprattutto la difficoltà è stata nel muoversi nelle pieghe del bilancio per recuperare risorse. Fondamentale è stato il ministro Gualtieri e i suoi ottimi rapporti a Bruxelles, dove conosce tutto e tutti. Alla fine, nella prova d’aula ci siamo dimostrati più solidi di quello che poteva sembrare in partenza”.

Vertice di maggioranza a gennaio. Sarà l’occasione per aggiustare una maggioranza che per pezzi e litiga? O per progettare il 2020?
“La seconda che ha detto. Che poi è quello che ha in testa il presidente Conte. Questo governo ha bisogno di un’agenda di legislatura. E, sì, di un cambio di passo. Il prossimo deve essere l’anno delle riforme. Io vedo tre priorità: la riforma del sistema fiscale, Irpef e Iva innanzitutto; la modernizzazione del sistema di welfare, a partire dal grande tema della non autosufficienza degli anziani; e quella che Zingaretti chiama l’Italia semplice: una drastica semplificazione delle procedure burocratiche per le famiglie e le imprese…”.

A proposito: le ultime stime disponibili (Cgia di Mestre, 2018) fissano a 31 miliardi il costo della burocrazia. Il valore di una manovra. Che pensate di fare?
“Il costo del non fare è anche più alto. Pensiamo ai lavori pubblici: oggi il nodo più importante non sono più le risorse, ma la capacità di spenderle presto e bene. Il problema è che in questo paese occorrono mediamente 15 anni per inaugurare le grandi opere il cui valore supera i cento milioni e tempi biblici anche per quelle piccole e medie”.

La soluzione?
“Un passaggio importante sarà il varo del regolamento attuativo previsto dal decreto Sblocca cantieri del precedente governo”.

Cioè, andrete ad utilizzare strumenti messi in campo dal precedente governo?
“Il decreto in sé è stata una grande occasione persa. Dobbiamo fare meglio con il regolamento”.

Allora anche il piano Shock che Italia viva è pronta a presentare a metà gennaio?
“Vale una regola di buon senso. Ben vengano tutte le proposte utili ad affrontare i problemi del Paese”.

Anche quella del leader della Lega Matteo Salvini, che ha lanciato il tavolo di unità nazionale su 5 temi per poi andare a votare?
“Come può Salvini pensare di essere credibile nel chiedere collaborazione a chi fino ad una settimana fa ha accusato di alto tradimento sul Mes? Ciò detto, se vuole il tavolo comune sulle regole del gioco come la legge elettorale, è il benvenuto. Ci permettiamo di essere molto diffidenti sui temi economici e sociali”.

A meno che l’obiettivo vero di Salvini non sia il premier Conte. I retroscenisti sono già all’opera. Torniamo ai fatti. Cosa dire ai 152 mila giovani laureati che lasciano l’Italia ogni anno?
“Il problema non è il fatto che i nostri giovani vadano all’estero per studiare o lavorare. Il punto è che sempre più spesso non tornano. La sfida è offrire loro le opportunità che cercano in Italia. La nostra è una grande economia: abbiamo un avanzo commerciale di 50 miliardi l’anno; siamo al quinto posto al mondo per saldo commerciale manifatturiero. Abbiamo tutte le potenzialità per ripartire. Ma serve una stagione di grandi riforme”.

Le ultime vicende, da Ilva a Alitalia fino alla Popolare di Bari, dimostrano che non abbiamo un modello di sviluppo.
“L’obiettivo del decreto per la Popolare di Bari non è solo il salvataggio della banca ma, in prospettiva, quello di creare un forte polo creditizio al servizio del Mezzogiorno. Stiamo seguendo un approccio simile per la ex ILVA: trasformare una crisi in una opportunità. Per fare questo, è necessario un ruolo più attivo dello Stato. Non per tornare all’IRI degli anni Settanta, quella del Panettone di Stato per intenderci, ma per un nuovo protagonismo dello Stato in alcuni ambiti strategici in cui il capitale privato italiano non basta più”.

18 dicembre 2019