Sia le misure già varate sia quelle che verranno, si basano su un presupposto molto chiaro: in una crisi come questa, nessun paese si salva da solo. Il motivo risiede nell’interconnessione dell’economia europea a cominciare dalle catene del valore, fino ad arrivare all’export.

“Il costo di una non-Europa – afferma Antonio Misiani, Vice Ministro dell’Economia – vale 3mila miliardi di euro di Pil in meno nei prossimi anni. Per questo – conclude Misiani – una risposta comune serve non solo all’Italia, ma anche ai paesi del nord”.

E allora vediamo quali sono le misure già varate e quelle che arriveranno nei prossimi mesi. Tra le prime (quelle già operative) ci sono:

La sospensione del Patto di stabilità che permette agli stati di aumentare il debito pubblico per mettere in campo misure a favore di imprese, lavoratori e famiglie;
Il temporary framework sugli aiuti di stato che ha dato ai governi più margini di manovra per attuare misure di sostegno alle imprese (che normalmente non sarebbero state possibili);
La possibilità di usare i fondi europei ancora disponibili per fronteggiare l’emergenza economica causata dalla pandemia, dando quindi agli stati e alle regioni la possibilità di cambiare la destinazione d’uso di questi fondi;
Il quantitative easing della Bce, cioè il piano di acquisto di titoli di stato da parte della Banca centrale europea che nel corso di questi mesi si sta ampliando sempre più, permettendo di tenere sotto controllo lo spread e consentendo ad un paese indebitato come l’Italia di raccogliere risorse sui mercati in modo sostenibile (dal punto di vista dell’indebitamento).
A queste misure si aggiungono gli interventi da 540 miliardi di euro concordate dal Consiglio europeo di fine aprile e che saranno attive a breve. Si tratta de:

Il Meccanismo europeo di stabilità (MES) per il rafforzamento del sistema sanitario, che all’Italia darebbe 36 miliardi di euro;
Il programma SURE che erogherà fino a 100 miliardi di prestiti per sostenere l’occupazione;
Il Fondo di garanzia da 25 miliardi della Banca europea per gli investimenti (Bei) che permetterà di erogare fino a 200 miliardi di finanziamenti.
Infine ci sono le misure che fanno capo al nuovo bilancio UE 2021-2027 e a Next Generation EU (cioè il Recovery Fund) lo strumento per sostenere la ripresa dell’economia europea e che nella proposta della Commissione presentata a fine maggio ha una dotazione di 750 miliardi di euro (di cui 500 miliardi come sovvenzioni e 250 miliardi come prestiti).

Tra quelle che toccano più da vicino le imprese, illustra Alessandro Carano, Senior Adviser DG EcFin in Commissione europea, c’è anzitutto il Solvency Support Instrument. Si tratta di un nuovo strumento da 31 miliardi (che potrebbero mobilitarne oltre 300 con l’apporto di capitali privati) per sostenere quelle aziende sane prima della crisi e che utilizzerà come cinghia di trasmissione intermediari come Cdp, fondi di equity, piattaforme di investimenti, etc. La misura – sottolinea Carano – è diretta ad aziende basate ed operanti in Ue, indipendentemente dalla proprietà.

L’altro fronte è il potenziamento di InvestEU (ex Piano Juncker) attraverso una nuova finestra di finanziamento per gli investimenti strategici europei e garanzie per 75 miliardi euro, con l’obiettivo di realizzare investimenti fino a mille miliardi di euro.