bilancio pd.jpgQuesta è la mia risposta all’articolo pubblicato da L’Espresso sul bilancio 2012 del PD

Gentile direttore, 
vorrei fare qualche precisazione in merito all’articolo “Pd, dove sono finiti i soldi”:

1) che il dimezzamento dei rimborsi elettorali abbia condizionato negativamente il bilancio del PD lo dimostrano i numeri: se nel 2012 il PD avesse introitato lo stesso ammontare di rimborsi elettorali dell’anno precedente (57.974.142 euro anziché i 29.234.058 euro del 2012), il conto economico si sarebbe chiuso in avanzo di 21.418.240 euro;
2) il dimezzamento dei rimborsi elettorali è intervenuto a luglio, ad esercizio molto avanzato, quando l’attività del PD era stata impostata ipotizzando ben altre entrate. Contestualmente all’approvazione della nuova legge, il PD ha avviato un piano di riduzione e razionalizzazione dei costi che in pochi mesi ha permesso di ridurre i costi nell’esercizio 2012 di 15.016.291 (-25% rispetto all’esercizio precedente). Definire questo taglio una spending review “altalenante” mi sembra quanto meno riduttivo;
3) i contributi pubblici vengono erogati ai partiti politici non per accumulare tesoretti o per costituire fondi di garanzia, ma esclusivamente per sostenere i costi delle campagne elettorali e dell’attività politica, aiutando i partiti a svolgere al meglio la funzione che l’art. 49 della Costituzione attribuisce loro: associare liberamente i cittadini per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale. Le 15 feste nazionali tematiche e la Festa nazionale di Reggio Emilia hanno offerto numerose occasioni di dibattito e partecipazione attraverso oltre 150 eventi politici e culturali, mentre “Youdem.tv” – i cui costi sono stati notevolmente ridotti, abbandonando il satellite e concentrando l’attività esclusivamente sul web – è un’importante strumento di comunicazione con iscritti ed elettori;
4) a legislazione invariata, la “spending review” avviata nel 2012 e intensificata nel 2013 ci consentirebbe di tornare in avanzo nel 2014. La riforma varata dal governo cambia radicalmente questo scenario, prospettando un profondo ripensamento delle strutture di tutti i partiti. Molti mezzi di informazione si sono accorti – meglio tardi che mai – che nei partiti lavorano centinaia di persone, meritevoli di attenzione e solidarietà esattamente come tanti altri lavoratori italiani preoccupati per il proprio futuro. Noi ai lavoratori del PD abbiamo detto che discuteremo e decideremo insieme a loro quali strumenti adottare per gestire la riorganizzazione del partito. Dobbiamo però avere gli strumenti per farlo: oggi i dipendenti dei partiti politici sono tra i meno tutelati dal punto di vista degli ammortizzatori sociali. Questa situazione va superata con un intervento normativo. Mi auguro che la libera stampa condivida questa necessità e la sostenga con convinzione.